È ormai un’immagine stereotipata quella di suocera e nuora protagoniste di un rapporto complesso, contraddistinto da rivalità e dissapori. Nell’esperienza psicoterapeutica frequentemente si ascoltano storie di suocere percepite come invadenti e nuore definite come manipolatrici e prevaricanti.
Sottolineando l’importanza di considerare la specificità di ogni situazione e l’unicità di ogni storia familiare, nonché la presenza di molti rapporti suocera-nuora caratterizzati da affetto, rispetto e complicità, in queste righe forniremo alcuni input di riflessione e consapevolezza a sostegno di quelle situazioni conflittuali che solo apparentemente coinvolgono esclusivamente le donne.
Partiamo da una domanda fondamentale: qual è il ruolo degli uomini?
Spesso, laddove vi sono dissapori tra suocera e nuora, vi è un maschile periferico. Un input trasmesso da una generazione all’altra, da padre a figlio, con tratti di dipendenza, poco capace di definirsi ed esprimersi con chiarezza e di assumere una posizione. Sovente sono uomini che consapevolmente evitano il conflitto ma inconsciamente rischiano di alimentarlo.
Il figlio tende a percepirsi e ad essere descritto in una posizione passiva, “tra due fuochi”, tra madre e partner. Il vissuto è spesso contraddistinto da confusione e senso di colpa, sentendo di doversi alleare con una parte contro l’altra e, quindi, di tradire o la madre o la partner. Non di rado per paura di definirsi personalmente con la propria famiglia – o, viceversa nella propria coppia – il figlio tende a far esprimere gli altri al suo posto, de-responsabilizzandosi, aumentando la dinamica conflittuale e assumendo un ruolo infantile.
Da figlio a compagno
Il compito del figlio è quello di raggiungere una posizione chiara e adulta in un confronto paritario con i propri affetti, esprimendo autonomamente il proprio pensiero e i propri bisogni. Ma non solo. Anche tracciando un confine tra la propria famiglia d’origine e la nuova famiglia, nonché all’interno della coppia tra la propria individualità e quella della partner.
Il figlio ha un ruolo centrare nel costituirsi come ponte tra la partner e la propria famiglia. Per fare ciò, è necessario un buon livello di maturità emotiva e, quindi, lo svincolo dalla propria famiglia d’origine, nonché una dinamica di coppia bilanciata, caratterizzata da minore dipendenza e maggiore intimità.
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I conflitti familiari – in particolare quelli tra suocera e nuora – sottendono generalmente una confusione di ruoli e confini troppo labili. In alcune famiglie, anche alla luce di cornici e valori culturali, viene trasmesso da una generazione all’altra un modello di coppia dipendente, in cui emerge apparentemente un femminile dominante ed un maschile passivo e periferico. È una dinamica che ricorda più una relazione madre-figlio che un rapporto di coppia.
Generalmente, i due partner coinvolti nella relazione sbilanciata sono spesso inconsciamente accomunati da bisogni di dipendenza irrisolti nelle proprie storie evolutive. Una “lei” che ha bisogno di sentire l’altro dipendente da sé è, infatti, dipendente e insicura quanto un “lui” che necessita di essere guidato e accudito. Il rischio maggiore che si corre riguarda l’eventuale rigidità dei ruoli e la cronicità della dinamica.
Tutto questo compromette un incontro autentico con sé e con l’altro, ostacolando l’intimità e la crescita. Sono coppie che per esempio possono entrare in una forte crisi di fronte all’arrivo di un figlio.
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Un vissuto che condiziona
Spesso dietro a un funzionamento di coppia di questo tipo vi sono storie familiari in cui la separazione e l’autonomia dei figli viene inconsapevolmente vissuta come una minaccia alla coesione familiare o, al contrario, in cui è stato richiesto ai figli di crescere troppo precocemente.
Una donna che sceglie un partner bisognoso di accudimento – configurandosi come una seconda madre ed entrando, perciò, facilmente in competizione e simmetria con la madre reale – può celare il bisogno di riconoscimento. Con conseguente illusione di assumere controllo sulla relazione e di ottenere amore per le cure e le attenzioni profuse, contrastando le proprie insicurezze e paure abbandoniche. È una dinamica inconscia fondata su una concezione di amore condizionato: “Se gli darò cure e amore, lui non mi tradirà, non mi abbandonerà”.
Analogamente, un uomo che richiede la guida e l’approvazione della propria partner può consciamente trovare nel compiacimento la strada per evitare le tensioni e la paura di essere abbandonato: “Se non la contraddico mi amerà e accetterà”. Inconsciamente, però, così facendo alimenta un vissuto di rabbia e impotenza, espresso con una modalità tendenzialmente passivo aggressiva.
Per entrambi la coppia risveglia ferite antiche, precedenti alla scelta del partner, da riconoscere ed elaborare per superare i blocchi evolutivi e favorire la crescita e la generatività, in senso ampio.
Il conflitto come occasione di crescita
Le dinamiche conflittuali, se attraversate con consapevolezza, sottendono una grande possibilità di crescita per la persona, per la coppia e per la famiglia.
Il macro-obiettivo riguarda la ridefinizione di confini e ruoli chiari, familiari, di coppia e individuali, aumentando la possibilità di confronti autentici e intimi. All’interno di una coppia è importante, pertanto, che esistano confini e spazi individuali. Analogamente, con le famiglie d’origine è fondamentale raggiungere un equilibrio di vicinanza senza invasioni e di separazione senza rigide distanze.
Ruoli e confini chiari sono, insomma, uno dei principali fattori protettivi per una crescita sana e per la costruzione di relazioni intime e mature.
Dott.ssa Giulia Gregorini, Psicologa e Psicoterapeuta
A cura della Dott.ssa Giulia Gregorini
(Psicologa – Psicoterapeuta)