La chirurgia nasale comporta due tipologie diverse di interventi: la rinoplastica estetica e la rinosettoplastica, la quale comprende al suo interno anche la parte funzionale, inerente alla correzione di diversi problemi (quali setto deviato, turbinati e via dicendo). Spesso nella medesima seduta operatoria è possibile operare sia sulla parte funzionale che su quella estetica.

Nella rinoplastica estetica si andrà ad agire su tutti gli inestetismi concernenti la cosiddetta piramide nasale. Di questa categoria fanno parte la classica gobbetta, i nasi grandi e quelli con la punta troppo grossa. Per quel che concerne, invece, il lato funzionale, l’intervento viene eseguito per sopperire a una situazione di disagio, legata alla deviazione del setto nasale e alle ipertrofie dei turbinati inferiori che ne conseguono.

Rinoplastica: quando intervenire

«Quando il paziente viene a far la visita preliminare – spiega il Dott. Franco Lauro, specialista in Chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva e Direttore sanitario del Poliambulatorio Agresti di Bologna – viene messa in atto un’indagine approfondita. Compresa di visione interna delle cavità nasali. In questo modo il chirurgo può farsi una prima idea delle eventuali problematiche funzionali sottese all’inestetismo. Nel caso in cui sussistano delle problematiche che interessano sia la cartilagine posteriore che la parte ossea anteriore del naso, lo specialista attuerà anche una valutazione radiografica».

Per quanto riguarda, invece, il lato più prettamente estetico della questione, in sede di prima visita il medico provvede a scattare una foto di profilo del paziente. Sulla base di queste immagini, lo specialista produce un’ipotesi di risultato. Una volta inviato al paziente il render perché possa farsi un’idea del risultato presunto, lo specialista prescrive a quest’ultimo una serie di esami pre-operatori.

L’intervento

«Le rinoplastiche generalmente vengono eseguite in anestesia generale – continua il Dott. Lauro – benché possano essere altresì effettuate in locale con sedazione profonda». Esistono due diverse tecniche di approccio chirurgico: la tecnica “chiusa” (classica), che permette di operare operare solo dall’interno delle narici e e la tecnica “open”, in base alla quale viene effettuata un’incisione alla base del naso (columella) in modo da poter operare a vista. «Personalmente preferisco lavorare in open in caso di setti complessi e problemi funzionali – continua – in assenza dei quali, invece, opto per un’operazione classica».

Nei due mesi immediatamente successivi all’intervento è sconsigliata esposizione diretta al sole, motivo per il quale questo genere di intervento viene sconsigliato d’estate. «L’intervento estetico di norma è indolore, mentre quello funzionale è più doloroso. La gente ha particolarmente paura dei tamponi nasali – conclude Franco Lauro – ma, trattandosi di spugnette e di garza con vaselina danno solo leggermente fastidio.  L’unico momento di lieve dolore coincide con il momento in cui vengono sfilati, e comunque non si rischia né l’ingoio né il soffocamento.

Il post operatorio

Il post-operatorio prevede il posizionamento di un sostegno esterno metallico e di un gesso che il paziente dovrà tenere per almeno una settimana. Insieme, chiaramente, ai classici tamponi nasali (previsti una sola notte per i nasi estetici e cinque giorni per quelli funzionali).  Non bisogna, infatti, dimenticare che il naso viene sempre fratturato.

«Dopo circa una settimana avviene la rimozione del gesso e si entra nella fase di guarigione. La cicatrizzazione del naso è abbastanza lenta. Per circa 2 mesi è possibile riscontrare dei rigonfiamenti, ma in un lasso di tempo medio di 6-12 mesi si avrà il risultato definitivo.