Il passaggio al nuovo anno rappresenta per molti un momento di bilanci, tendenzialmente basati sugli obiettivi raggiunti e gli scopi mancati. In queste brevi righe approfondiremo il rapporto che le persone hanno con gli obiettivi, sollecitando una prospettiva alternativa, un cambio di focus, da “cosa ho fatto e cosa devo fare” a “come sto e quali sono i miei bisogni”.
Quando il fare allontana dal sentire
La quotidianità della maggior parte delle persone è scandita su ritmi incessanti, non solo connessi ad attività di produttività ma anche ad apparenti spazi di piacere. Si assiste ad un diffuso bisogno di non lasciare tempi e spazi inoccupati. Sin dall’infanzia, molti bambini sono coinvolti in molteplici attività sportive, corsi musicali o teatrali. Se, da una parte è importante integrare attività ricreative ad impegni scolastici e lavorativi, dall’altra, quando si assiste alla ricerca compulsiva di modalità per occupare il tempo, alla sovrastimolazione, può esserci il rischio di utilizzare, più o meno consapevolmente, “il fare” come difesa psicologica, come barriera dal sentire, dall’ascolto profondo di sé.
La corsa a ostacoli: il labirinto degli obiettivi
I modelli e gli stereotipi socioculturali odierni tendenzialmente rappresentano i miti dell’efficienza, della competizione e della performance. L’ accento posto sul raggiungimento degli obiettivi rischia di essere fuorviante e associato ad un’illusoria idea di felicità, come se per essere felici fosse necessario realizzare incessantemente obiettivi. È indubbia l’importanza degli obiettivi nell’esperienza di una persona ma ciò che è determinante è il grado di consapevolezza di Sè che si cela dietro gli obiettivi.
I bisogni sommersi e il diritto alla Soggettività
La prima distinzione essenziale riguarda la motivazione che orienta i propri obiettivi: fonda sul riconoscimento dei personali bisogni o compiace aspettative esterne? Per essere sintonico con il proprio essere e a protezione dell’equilibrio psichico, un obiettivo deve integrare preliminarmente il riconoscimento dei propri bisogni. Inoltre, è importante interrogarsi sul senso di autostima e autoefficacia. Se si percepisce un obiettivo come il test sul valore della propria persona, in maniera pervasiva e totalizzante, ciò può costituire l’indicatore di uno scarso livello di autostima ed autoefficacia. In tal caso, la stima di sè è connessa alla performance. È auspicabile, invece, costruire una percezione del proprio valore a prescindere dalla performance e dagli obiettivi raggiunti. Ciò permette di avviare un dialogo interno più fluido ed autentico, che gioverà anche alle relazioni interpersonali e contribuirà a contrastare l’ansia da prestazione. È attraverso la conoscenza e l’accettazione di sè che sarà possibile ricercare il senso della propria esperienza, favorendo la predisposizione di obiettivi che non rispecchino “il dover essere” ma il “poter essere”, il diritto alla Soggettività e all’umanizzazione. Il bilancio di epilogo anno può quindi focalizzarsi più che sui traguardi realizzati e da compiere, sul riconoscimento dei propri bisogni e desideri più profondi, sulla ricerca di consapevolezza di Sé.
Dott.ssa Giulia Gregorini
Psicologa – Psicoterapeuta